la questione "coscienza"

Pensieri liberi di un certo spessore, riflessioni, ipotesi e speculazioni di varia natura. Ragionamenti all'interno dell'ambito umanistico non necessariamente attinenti all'onironautica.
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nagualdreamer
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DayDreamer ha scritto:Riguardo alla coscienza, al suo sviluppo e significato, al sentire voci, etc, sono tutti fenomeni ben conosciuti da decenni.
Qua mi spaventi Day...
Ti pare il caso? E allora chi è che avrebbe la verità in campo di coscienza? Blromberg? Le religioni? Asceti che hanno dedicato la loro intera vita? Oppure i rishi dell'india che praticarono per secoli le capacità della consapevolezza e scrissero i Veda? I tibetani? Oriente o Occidente? Scienza o Filosofia?
Chi di questi ci ha visto bene e chi ha preso abbagli?

Se è vero allora, potrebbe arrivare benissimo un supermega psicologo a spiegarci con esattezza in cosa consiste, come si evolve e cos'è esattamente la pratica proposta da Olrac... Potrebbe benissimo parlare a proposito della consapevolezza e del rapporto tra coscienza, percezione e l'aquisizione della conoscenza dal nostro rapporto con l'universo. Potrebbe allora dirci se l'universo è fenomeno o c'è di più, potrebbe dirci un sacco di belle cose, idealismo o realismo? Dualità o non dualità? la consapevolezza è un prodotto dell'attività neuronale? ... tutte coerenti con la conoscenza scientifica e tutte accettate e riconosciute da un grosso gruppo di universitari e studiosi, dunque vero.
Ma in quel caso se ne starebbero buoni tutti i materialisti? No di certo... come fa la questione ad essere spiegata se finchè non si possiede un modello matematico del cervello? Se non ci sono rigide strutture deduttive che portano la ragione a affermare sentenze assolutamente vere, o assolutamente vere riguardo al modello? Allora più chè ai megapsicologi dovremmo dare la parola agli studiosi di inteligenza artificiale e computazione? Ai biologi? Agli esperti delle neuroscienze?

mah... sembro proprio polemico... ma lo sai già day, come la penso. : PirateCap :

Possiamo leggere migliaia di libri, alla fine però la nostra esperienza sarà misera. Possiamo fare solo sperienza e allora scopriremo di essere passati dove molti sono già passati e diremo.. ah se avessi letto di loro sarei avanzato più rapidamente. Ci vuole il giusto equilibrio certo.
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DayDreamer
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Ti do ragione, ho usato una frase succinta che rileggendola suona solo supponente. Approfondisco!

Il mio riferimento è alla psicologia moderna che certamente non ha tutte le risposte. Come molte discipline, si limita a osservare e (tentare di) misurare l'esperienza umana tangibile, cercando di spingersi ai limiti e riconoscendo l'impossibilità di conoscere se e cosa si trova al di là della nostra percezione sensoriale e interiore.

Riguardo lo sviluppo della coscienza, abbiamo osservato come si manifesta nel bambino e come essa è influenzata da diversi tipi di insegnamenti sociali e genitoriali. Di pari passo al maturare di certe aree cerebrali, specifiche capacità e abilità si sviluppano. Per esempio la mentalizzazione si sviluppa verso i 4-5 anni (la capacità di concepire che gli altri hanno stati mentali ed emozioni proprie). Per esempio un bambino di 4 anni che sa dove sono nascosti i biscotti non sa concepire che gli altri bambini non sanno dove si trovano. Non c'è distinzione psicologica tra le menti. L'empatia emotiva si svilupperà solo in seguito, poi ci saranno altre tappe. L'adolescenza attiva il sistema sessuale che va a influenzare pesantemente l'idea di sè stessi e della propria vita e quindi la coscienza di sè. Lo sviluppo cerebrale continua con varie tappe fino a circa 21 anni quando finiscono di maturare le aree che permettono i pensieri più astratti. Questo per dire che la coscienza è un insieme di moduli e abilità poste su vari livelli e distinguibili sia dal punto di vista funzionale che neurologico. Per esempio istinti diversi ci derivano da aree diverse e anch'essi vanno a influenzare la nostra visione del mondo e della coscienza, la quale sembra essere il "semplice" risultato esperienziale finale di tutte queste funzioni coscienti e soprattutto inconsce che fanno funzionare il sistema totale.

Riguardo al significato della coscienza, in realtà intendevo le sue funzioni. A un livello base la coscienza è un nodo di elaborazione nevralgico per adattarsi alla società e poter scegliere o differire certi bisogni o desideri a discapito di altri. Ci offre una visione temporale della vita e ci permette di non seguire ciecamente i nostri istinti più immediati.

Riguardo al sentire le voci come fenomeno ben conosciuto da tempo, mi riferivo al fenomeno della dissociazione, che divide le nostre menti in compartimenti più o meno permeabili e utili all'adattamento di tutti i giorni. I sogni, le visioni, le obe, sono tutte esperienze figlie di movimenti dissociativi. Anche la pratica psicologica avviene grazie a una sincronizzazione dissociativa, per cui per esempio un elemento inconsapevole del paziente può attivare nel terapeuta specifici ricordi o anche sensazioni che sente come estranee e così ha la possibilità di restituirglielo in modo consapevole.
Possiamo leggere migliaia di libri, alla fine però la nostra esperienza sarà misera. Possiamo fare solo sperienza e allora scopriremo di essere passati dove molti sono già passati e diremo.. ah se avessi letto di loro sarei avanzato più rapidamente. Ci vuole il giusto equilibrio certo.
D'accordissimo con te. Quello che è necessario leggere, allora, è meglio che sia il più possibile sicuro e oggettivo e il meno possibile il risultato di opinioni filosofiche altrui. Perchè le coscienze sono permeabili tra loro e il saper mantenere la propria coscienza alla giusta distanza da quelle altrui è una sfida che inizia i primi anni di vita e che poi ci dimentichiamo di mantenere consapevolmente. IMHO.
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cikalino
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forse è solo una banale questione semantica, ma per coscienza non si intende quel "qualcosa" attraverso il cui possiamo percepire l'esistenza?
Non ha a che fare con l'immagine di sé, con l'io, ecc ecc.
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PK2
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cikalino ha scritto:forse è solo una banale questione semantica, ma per coscienza non si intende quel "qualcosa" attraverso il cui possiamo percepire l'esistenza?
Non ha a che fare con l'immagine di sé, con l'io, ecc ecc.
Ecco, stavo proprio riflettendo che è vero che ognuno interpreta i concetti a modo suo. Dici coscienza e ognuno parla di una cosa diversa dall'altro.
« Gli invisibili unicorni rosa sono esseri dotati di grande potere spirituale. Questo lo sappiamo perché sono capaci di essere invisibili e rosa allo stesso tempo. Come tutte le religioni, la fede negli invisibili unicorni rosa è basata sia sulla logica che sulla fede. Crediamo per fede che siano rosa; per logica sappiamo che sono invisibili, perché non possiamo vederli. »

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nagualdreamer
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DayDreamer ha scritto:Ti do ragione, ho usato una frase succinta che rileggendola suona solo supponente. Approfondisco!

Il mio riferimento è alla psicologia moderna che certamente non ha tutte le risposte. Come molte discipline, si limita a osservare e (tentare di) misurare l'esperienza umana tangibile, cercando di spingersi ai limiti e riconoscendo l'impossibilità di conoscere se e cosa si trova al di là della nostra percezione sensoriale e interiore.
: Beer :
Riguardo lo sviluppo della coscienza, abbiamo osservato come si manifesta nel bambino e come essa è influenzata da diversi tipi di insegnamenti sociali e genitoriali. Di pari passo al maturare di certe aree cerebrali, specifiche capacità e abilità si sviluppano. Per esempio la mentalizzazione si sviluppa verso i 4-5 anni (la capacità di concepire che gli altri hanno stati mentali ed emozioni proprie). Per esempio un bambino di 4 anni che sa dove sono nascosti i biscotti non sa concepire che gli altri bambini non sanno dove si trovano. Non c'è distinzione psicologica tra le menti. L'empatia emotiva si svilupperà solo in seguito, poi ci saranno altre tappe. L'adolescenza attiva il sistema sessuale che va a influenzare pesantemente l'idea di sè stessi e della propria vita e quindi la coscienza di sè. Lo sviluppo cerebrale continua con varie tappe fino a circa 21 anni quando finiscono di maturare le aree che permettono i pensieri più astratti. Questo per dire che la coscienza è un insieme di moduli e abilità poste su vari livelli e distinguibili sia dal punto di vista funzionale che neurologico. Per esempio istinti diversi ci derivano da aree diverse e anch'essi vanno a influenzare la nostra visione del mondo e della coscienza, la quale sembra essere il "semplice" risultato esperienziale finale di tutte queste funzioni coscienti e soprattutto inconsce che fanno funzionare il sistema totale.
Queste sono tutte cose bellissime e affascinanti ma, ricordiamoci che è ovviamente una parte, una faccia di un poliedro a infinite facce. " certamente non ha tutte le risposte. Come molte discipline, si limita a osservare e (tentare di) misurare l'esperienza umana tangibile"...
I limiti di questo punto di vista è appunto l'ipotesi dell'eficacia del modello "osservo le cavie e annoto sul taqquino". Tipicamente scientifico... La cavia potrebbe benissimo essere differente da una palla di cannone che disegna la traiettoria parabolica.
Chissà che in questi casi l'osservazione stessa possa sporcare i dati... insomma tu prendi una cavia di essere umano, la sbatti in una stanza e ne testi le capacità cognitive, a ripetizione, come faresti con un motore di una ferrari... poi registri le statistiche, le confronti, le interpreti alla luce di quello che ALTRI hanno fatto su un'ALTRA cavia umana (autopsie, esami chimici, test sportivi, ecc, ecc..)...tutto assomiglia ad una lunga catena di sentito dire, solo che invece di sentito dire e un "sentito scrivere".
Tutta la conoscenza che si genera in questa maniera... al modo "scientifico" e influenzata fin dai fondamenti dalla MANIERA. Dall'ipotesi che questo metodo funzioni per aquisire conoscenza.

La mia ossrvazione è che se dunque produce qualcosa, questo genere di ricerca, non potra essere altro che un riflesso delle proprie ipotesi. Una conoscenza parziale di una faccia del poliedro. (Ma tu hai già concordato con questo mi pare, quando parlavi dei limiti)

A questo punto emerge la possibilità concreta esiste un'altro modo con cui si può avanzare nella ricerca, chè è quella su se stessi. Sono convinto che questa faccia del poliedro sia più vasta di tutte le altre. Perchè ogni cosa passa attraverso il me.
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cikalino
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PK2 ha scritto:
cikalino ha scritto:forse è solo una banale questione semantica, ma per coscienza non si intende quel "qualcosa" attraverso il cui possiamo percepire l'esistenza?
Non ha a che fare con l'immagine di sé, con l'io, ecc ecc.
Ecco, stavo proprio riflettendo che è vero che ognuno interpreta i concetti a modo suo. Dici coscienza e ognuno parla di una cosa diversa dall'altro.

vero... comunque credo che sia questa la definizione più appropriata.
Quando si sa di essere un qualcosa, ciò si definisce autocoscienza.. ed è quella di cui molti discutevano a quanto ho capito.
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Spoiler:
cikalino ha scritto:
PK2 ha scritto:
cikalino ha scritto:forse è solo una banale questione semantica, ma per coscienza non si intende quel "qualcosa" attraverso il cui possiamo percepire l'esistenza?
Non ha a che fare con l'immagine di sé, con l'io, ecc ecc.
Ecco, stavo proprio riflettendo che è vero che ognuno interpreta i concetti a modo suo. Dici coscienza e ognuno parla di una cosa diversa dall'altro.

vero... comunque credo che sia questa la definizione più appropriata.
Quando si sa di essere un qualcosa, ciò si definisce autocoscienza.. ed è quella di cui molti discutevano a quanto ho capito.
Megaquotonegalattico....
Ultima modifica di nagualdreamer il 26/11/2014, 19:48, modificato 1 volta in totale.
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@nagual

E' una delle sfide alla conoscenza più citate sui libri di psicologia più onesti: la questione dell'osservatore. E' inevitabile e innegabile che l'osservatore influenzi l'osservato e i risultati, e la psicologia ha reagito al problema in modi diversi. Quella cognitiva cerca di escluderlo del tutto focalizzandosi sui fenomeni più misurabili oggettivamente, ovvero i comportamenti e la neurobiologia. Una disciplina efficace ma superficiale per chi cerca le cause e le verità sottostanti. In psicologia clinica c'è poi chi cerca di standardizzare le situazioni il più possibile per minimizzare l'effetto e al contrario chi, giustamente a mio avviso, riconosce che l'influenza dell'osservatore non solo è inevitabile ma anche una preziosa fonte di informazioni, una parte del tutto.

Nonostante le incertezze, quindi, si è sviluppato uno zoccolo duro di indagini e risultati consistenti e abbastanza coerenti da poter essere presi come validi per chiunque. Poi la maggior parte delle ricerche e degli autori si perde in visioni personali come dici te, tanto più affascinanti quanto lontane da contenuti condivisibili in modo utile. Sono d'accordo con te che alla fine conta solo l'esperienza personale, ma occorre anche trovare informazioni valide utili a comprendere il nostro sè umano, perchè altrimenti da soli non basterebbero cento vite. A tal proposito sono convinto che siano utili le ricerche psicologiche e scientifiche più oneste e moderne, e invece che siano inutili e forse dannose le posizioni filosofiche altrui, che portano solo a un rimbalzo infinito tra dialoghi interni che non porta da nessuna parte.

Penso che uno sciamano moderno sia colui che non crede a nulla di non dimostrabile e soprattutto non sperimentabile. Ciò non lo riduce a una visione materialistica perchè egli è consapevole di essere un mistero per sè stesso e di contenere una... pluralità di mondi che allo stesso tempo lo contiene, quindi c'è poco da pensare e molto da scoprire. Bromberg non è un ricercatore scientifico, non fa esperimenti, ma parla della sua esperienza terapeutica e la ricollega a opere letterarie, opere d'arte, metafore poetiche. Un po' ricorda Don Juan, altrimenti non lo consigliavo :D
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cikalino ha scritto:
PK2 ha scritto:
cikalino ha scritto:forse è solo una banale questione semantica, ma per coscienza non si intende quel "qualcosa" attraverso il cui possiamo percepire l'esistenza?
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vero... comunque credo che sia questa la definizione più appropriata.
Quando si sa di essere un qualcosa, ciò si definisce autocoscienza.. ed è quella di cui molti discutevano a quanto ho capito.
E' sicuramente la più appropriata, anche se limitata come ogni definizione.
Sappiamo tutti cosa sia coscienza o consapevolezza, ma ogni volta che proviamo a esprimere il concetto a parole manca qualcosa.
Ad esempio se vi dicessi che in questo preciso momento un diavolo malefico vi ha portato via il piede (non guardate ora, eh?!) voi posereste l'attenzione sul piede, che fino a un istante fa non esisteva per la vostra consapevolezza (per la memoria sì, ma per la consapevolezza nel presente, no), cerchereste i segni che è ancora lì (richiamereste alla mente anche tanti pensieri, congetture, ricordi etc...), insomma diventereste coscienti (o consapevoli) del piede. Un attimo prima non esisteva, se non nel ricordo, e un attimo dopo ci proiettate la luce che ve lo fa tornare all'esistenza.
Questo per dire che sappiamo tutti per esperienza diretta cosa sia la coscienza o consapevolezza, ma fuori dall'esperienza, nel campo dialettico, non sappiamo dire cosa sia.
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forse è solo una banale questione semantica, ma per coscienza non si intende quel "qualcosa" attraverso il cui possiamo percepire l'esistenza?
Non ha a che fare con l'immagine di sé, con l'io, ecc ecc.
Non vedo l'utilità di una simile definizione. Intanto la coscienza è sempre coscienza "di" qualcosa, e non da sola. Poi l'esperienza e la mente umana funzionano tramite aggiunta modulare di funzioni diverse. Come un computer che è un insieme di parti che messe insieme danno l'esperienza del computer. Allo stesso modo, la coscienza è un insieme di parti e capacità (sensi fisici, visione di sè e del mondo, elaborazione neurologica e psicologica, difese attive, salute, etc). Togliendo alcune parti possiamo limitarne la "potenza" e se togliamo tutte le parti alla fine non rimane più nulla, semplicemente. Anche il sogno lucido è il risultato di una somma e non di una sottrazione: alla nostra capacità di sognare impariamo ad aggiungere la nostra capacità di essere consapevoli.

Comunque riconosco la mia incapacità in ambito filosofico che mi fa sfuggire il senso della disciplina : Nar :
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